2.1.
I Papiers collés
a)
Tra morte e vita. La presenza dell'assente
2.2
Une vie ordinaire
a)
digressioni e fughe
b)
Tra passato, presente e futuro
c)
Un tempo scandito da aneddoti
d)
Da attore a regista della sua storia
2.3
Un verso "senza valigie"
Conclusione
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2.1.
I Papiers collés
Perros
non è un romanziere, è un poeta. I suoi Papiers collés si presentano
come una miscellanea che contiene un po' di tutto, unendo senza
alcuna preoccupazione diverse strutture, come la poesia, le riflessioni,
gli aforismi. A prima vista, l'opera sembra attestare l'assenza
di una coerenza letteraria Georges Perros appartiene ad una categoria
di scrittori fuori dal comune: i suoi scritti, per il modo in cui
sono esposti, si prestano idealmente ad un approccio multiforme,
vagabondo. Essenzialmente, i Papiers collés, I, II, III sono un
insieme di note, ritratti e impressioni di letture. La libertà del
tono, la precisione, la correttezza, la perspicacia, la sensibilità
dell'autore ne fanno un'opera avvincente, se si riesce a superare
lo scoglio delle difficoltà della prima lettura. A Douarnenez Perros
visse, non come Flaubert a Croisset, ma come un uomo vive là dove
vive, distante e allo stesso tempo vicino a ciò che lo circonda.
A maggior ragione questo sentimento di estraneità ed insieme di
appartenenza si trova rafforzato quando si tratta di uno scrittore.
Perros è la preda di questa scrittura: "La littérature est un des
rares exercices qui exigent de l'homme une volonté singulière, une
conduite d'existence qui ralentissent les progrès d'une médiocrité
qui nous est naturelle". Con questa osservazione, Perros non vuole
annullare il corso della storia, né uguagliare gli scrittori che
si elevano dalla mediocrità, semplicemente mostra un senso di autoironia,
scongiurando ogni velleitarismo, qualunque sia l'ambito. Dopo aver
letto i Papiers collés, tuttavia, si ha la sensazione di essere
un po' più "giusti" e un po' più "inesistenti". É l'effetto, la
virtù di questa scrittura che insinua nel lettore una riflessione
sulla ambiguità umana. Nelle pagine dei suoi libri non troviamo
la Verità ma la denuncia delle piccole menzogne e dei grandi inganni
della società. I protagonisti delle sue raccolte sono il disordine,
il dubbio, il losco, l'eterodossia, il disordine. Secondo J. P.
Cescosse, ciò che accade in Papiers collés, e si trasforma in vittoria,
in quanto la lucidità è sempre un successo, sono i momenti di vuoto
trascorsi dibattendosi tra la noia e la vanità. Per Perros la scrittura
è divorante, essa è dappertutto, anche nella compilazione delle
tasse. "Un homme qui écrit, et qui s'y tient, est menacé. Et il
ne comprend plus rien aux menaces qui effraient les autres hommes,
menaces qui lui paraissent dérisoires". Perros parla mirabilmente
di Lichtenberg, Kierkegaard, Valéry, Michaux, Kafka, e di molti
altri. Con essi, talvolta, egli pratica degli esercizi di conversazione
critica con una densità tale da barcollare sulle soglie dell'incomunicabilità.
Mantiene le distanze dal pensiero, e si accosta alle sensazioni
e implicazioni personali suscitate dai testi: "Il y a en nous un
animal, un sauvage, qui se fout éperdument de ce qu'on raconte,
de ce qu'on aime, de ce qui nous intéresse, on ne sait généralement
pas trop pourquoi; qui roupille dans un coin de notre corps, qui
fait les poubelles ; une cloche, un ignare, qui n'a jamais rien
lu, rien écouté. Non pas l'ange de l'absurde, mais le clown de l'impossible".
È lui questo clown, la cui presenza costante, un po' sarcastica
e un po' assonnata, vissuta ai margini, ostacola la pedanteria,
la compiacenza, l'impudenza, dà il tono, sbotta in una risata quando
il patetico diventa pesante, apre le porte alla disinvoltura proprio
nel momento in cui ci si aspettava un discorso dialettico, fa tuffare
il lettore in verdi acquari di folgorazioni verbali, quando l'astrazione
rischiava di prosciugare tutto. Restio a qualsiasi forma di rigida
inquadratura del pensiero, tendenzialmente istrione e dotato della
capacità di sconvolgere, si disinteressa delle regole della società.
Pensa che l'aver successo, il volere diventare migliore di qualcun
altro, facciano precipitare l'uomo nell'aggressività o nell'anarchia:
"Devenir plus ou moins qu'un de mes prochains m'est alors devenu
parfaitement indifférent, voire odieux, déplacé, indécent. Ce ne
fut pas sans mal. Ne pas vouloir réussir, jouer à cela, n'est pas
si simple. Puis, ça risque de nous rendre agressif, anarchiste,
manière encore d'inconséquence". Cescosse, invece, asserisce che
è impensabile scoprire nelle pagine di Perros se dietro questo clown
dell'impossibile si nasconde lo scrittore stesso, in quanto scrivere
suppone una sorta di concessione, di lacerazione e non il piacere
paradossale di dare interamente e liberamente sfogo all'alter ego.
Il desiderio di espressione, la voglia di comunicare si realizzano
attraverso un vero sforzo, un atto di dolore. È pur vero che il
desiderio di riconoscimenti, la voglia di rappresentarsi induce
all'equivoco di considerare letteratura i testi che hanno il potere
di "affascinare". Le parole hanno il potere di ammaliare: "Il est
vrai que ce ne sont pas les mots qui ont de l'importance. Non moins
vrai que sans eux, rien ne prendrait de l'importance. A commencer
par l'homme, qui tire tout son prestige du langage". Nei Papiers
collés, Perros non ha la pretesa di insegnare nulla, ma vuole mostrare
al lettore la pura e semplice evidenza. Nei tre volumi inserisce
spesse volte degli aneddoti che non hanno nessun fine morale. Il
vero scopo, forse, è quello di sconvolgere. La lettura dell'opera
svuota il lettore, togliendogli le certezze, la tranquillità. Ad
ogni rassicurazione da parte del sistema sociale, ad ogni tecnica
precostituita, soprattutto in campo letterario, egli opponeva una
forma di non-scienza. Non temeva, anzi desiderava produrre dei testi
che creassero delle lacerazioni nel mondo della morale, ma poneva
un'estrema cura perché un verso sbagliato avesse buon esito. Contrario
ad ogni insegnamento che cercasse di imporre modelli, proponeva
il disorientamento, quindi la perdita degli stereotipi. Secondo
Jean Roudaut, il nome Georges Perros che si trova stampato nelle
copertine dei libri non è indice di un genere ben preciso, di uno
stile o di un tipo di scrittura, ma la denominazione di un luogo
dove si vive l'avventura dello spirito. Le note ne sono la testimonianza.
Quelle note che liberano la "voce" di Perros, lo scrittore, il quale
in questo caso non scriveva i suoi testi, li diceva; la sua scrittura
era orale. L'ascolto della voce di Perros è implicita nella lettura
dei Papiers collés. Per Roudaut la frase è respirata, sospesa, le
parole sono lì per essere udite dalla parte intima del lettore.
Il critico aggiunge: "c'était la voix de gorge". Leggendo, ascoltando
le frasi di Perros, si percepisce la traccia del suo lavoro, segnata
da lui non nella forma, ma nella dizione. Le sue frasi lo attraversavano,
e quando si leggono i Papiers collés si segue il lungo cammino notturno
delle frasi nell'oscurità dell'essere. *** In Papiers collés, Perros
non inserisce una premessa, ma introduce "Notes pour une préface".
Apre il suo libro a quei lettori che non riescono a fare a meno
di riempire di note a margine, frutto della loro lettura, un testo
appena letto. Egli si paragona a questo tipo di lettore: "Faiseur
de notes invétéré, sur quelle marge puis-je les prendre, sinon sur
celle de l'immense livre ouverte qu'est la vie ?" Se un libro può
essere paragonato alla vita, a cosa si può paragonare la "marge",
se non al quotidiano, supporto della scrittura? "Bouts de papier,
souvent hygiénique, tickets de métro, boîtes d'allumettes, pages
de livres". Il luogo in cui sono inserite queste note non è una
raccolta, né un libretto, secondo F. Martin-Scherrer, ma il corpo
dello stesso autore: "je suis couvert"; sono estratte dalle tasche,
mostrate, forse sistemate e infine incollate senza mai perdere la
loro spontaneità, la loro indipendenza di fogli volanti. Perros
non le ha ricucite per formare un unico tessuto, il libro, in quanto
non ha mai assunto il ruolo di "scrittore", ne tanto meno ne rivendica
il titolo: "Je n'ai pas envie d'écrire un livre". * * * Nei Papiers
collés non vi è una prefazione ma, come scrive lo stesso Perros,
delle note introduttive e, non contento, vi inserisce anche una
"nota sulla nota". Utilizza questo frammento per esprimere il suo
concetto di "nota". Parla di essa come di un essere vivente, capace
di sentimenti. "La note existe", afferma Perros e ha la caratteristica
di accennare appena al concetto che vuole esprimere, lasciando libero
il lettore. La nota suggerisce, non insiste. Ha l'istinto irrefrenabile
dell'autonomia e della libertà. È ingenua, perché fiduciosa. Ama
suonare, risuonare. Desidera lasciare un ricordo di sé, legato più
al suo profumo che alla sua parola: "disons qu'elle est d'essence
féminine".
a)
Tra morte e vita. La presenza dell'assente
"Il étais condamné à mort au reste l'est-il pas toujours comme mort
son frère jumeau avant même d'avoir vécu". Fin dalla nascita, Perros
convive con la morte. Una presenza che lo accompagnerà nel corso
della sua vita, che racconterà nei suoi libri. Quasi avesse il bisogno
di manifestare, di condividere con gli altri questo peso. Di salute
cagionevole, più volte è scampato alla morte: "À peine arrivé au
monde mon premier réflexe fut, paraît-il, nettement rétrograde,
et nombreuses mes tentatives de suicide". È cresciuto con la presenza,
costante quanto impercettibile, del fratello gemello mai nato, continuamente
impostogli come termine di confronto e valore di riferimento: "Ma
mère garde cependant le souvenir d'un beau bébé, d'une constitution
bien supérieure à la mienne. […] Je ne peux pas dire que je regrette
ce frère fugitif. Si je tente de l'imaginer à mes côtés, je le vois
étonnamment studieux, poursuivant ses études en vue d'une brillante
carrière - rêve de mon père quant à moi - et l'élément sérieux,
reconnaissant, satisfaisant, de la famille". La morte del fratello
al momento della nascita ha pertanto rappresentato un fattore determinante
del suo pensiero, tanto da definirsi egli stesso: "infirme de naissance".
La morte diventa compagna di vita, sempre presente nei suoi pensieri,
nelle sue note. Sarà un argomento ricorrente nei Papiérs collés,
una realtà su cui riflettere e da tenere sempre presente. Scorrendo
le pagine dei suoi testi incontriamo spesso evocazioni funeste.
L'immagine della morte è una costante in Perros; a volte leggiamo
di una vita e di una morte in lui inequivocabilmente commesse, intimamente
unite: "La vie est la mort vont ensemble Bras dessus et puis dessous".
La morte, quindi, come qualcosa che appartiene a tutti: "Le drame
de tout homme, c'est le scandale de la mort". Nel momento in cui
si prende coscienza dell'appartenenza al genere umano, si prende
coscienza della propria morte. A volte per lui morte e solitudine
non sono sentimenti così spaventosi, ma resta comunque tormentato
da questo pensiero, e soprattutto da quello del suicidio, come se
fosse l'unica vittoria sulla morte : "Si tout le monde se suicidait
Elle n'aurait qu'à rendre son tablier La mort Elle ne servirait
plus à rien". Come se fosse l'unico modo per vivere in pace, senza
il terrore e l'angoscia che il solo pensiero provoca: "Évoquer le
suicide, c'est en quelque sorte exorciser ce que la vie traîne de
mortuaire avant les fleurs et couronnes adéquates. Les premiers
hommes ne savaient pas qu'ils allaient mourir. Nous aurions plutôt
tendance à ne le savoir e trop. La poésie, pour moi, c'est le temps
durant lequel un homme oublie qu'il va mourir". Ed allo stesso tempo,
afferma che il solo pensiero del suicidio è comunque un insulto
alla vita: "Le premier homme qui a pensé au suicide a humilié la
vie pour l'éternité. La vie est une grande vexée". Perros , che
ha tanto vissuto con questa presenza assente, prima di morire, in
una lettera ha inneggiato alla vita: "Faut aimer la vie. Surtout
ceux avec lesquels on en partage les douces difficultés, pour être
modestes".
2.2
Une vie ordinaire
Une
vie ordinaire è un testo autobiografico certamente originale. Non
si può parlare semplicemente di un'opera autobiografica ma anche
di un testo poetico. Perros ha infatti unito i due generi, anche
se comunemente si ritiene che non possano coesistere, in quanto
la poesia non sembra adatta ad descrivere dati e situazioni, giacché
essa utilizza delle immagini come metafora oppure si lascia condurre
da immagini sublimi; ma la poesia da Perros è diversamente intesa
e praticata: poiché egli cerca nel suo linguaggio un modo per dare
una forma quanto più "vera" alle esperienze e sensazioni vissute.
E sembra esserci riuscito, infatti, il suo linguaggio poetico sembra
raggiungere la verità andando al di là del linguaggio ordinario,
o piuttosto il linguaggio utilizzato sembra slegarsi dal significato
ordinario delle parole. Perros dunque fa del suo linguaggio il laboratorio
di un'esperienza di verità. Anche se parliamo di autobiografia per
indicare questo romanzo-poema, Perros vi ha inserito numerosi particolari
che ne negano l'identità, facendo nascere un sospetto. Cominciando
dall'assenza di volontà da parte sua di scrivere un'opera autobiografica,
non stabilendo nessun patto con il lettore. E non solo il patto
non è stato pronunciato, ma vi sono continuamente delle rotture
che interrompono il filo del discorso e trasgrediscono i diversi
livelli di narrazione. Il dubbio creato espressamente non disturba
l'assenza del patto, sigilla al contrario una triplice complicità,
con il lettore e con i personaggi presentati nell'opera: con il
personaggio come avviene in molti testi; con il narratore, in quanto
questi non lo ha ingannato e lusinga in qualche modo il suo senso
critico, inserendo dei versi in cui s'indirizza alla sua coscienza,
come fuori dell'illusione della finzione; ed infine con l'autore,
vasto e umile organizzatore di un'opera polimorfa e anche un po'
monolitica e liscia come può essere la vita di una persona. Il testo
mette, quindi, in evidenza le molteplici sfaccettature di un uomo
utilizzando metodi diversi, e la lettura conduce alla ricerca di
ciò che fa l'unità o la diversità, la dispersione dell'uomo nell'opera.
Un racconto autobiografico non può che essere un discorso a posteriori
su avvenimenti, ovvero su un'intera esistenza, facenti parte del
passato. Questo ritorno al vissuto implica uno sguardo vasto, che
abbraccia diversi tempi, diverse epoche della vita di un uomo. Sguardo
rivolto sia indietro, sia sulle conseguenze presenti causate da
quei momenti passati. Il tempo è dunque multiplo, in quanto sposa
le immagini successive dell'uomo - personaggio, narratore e autore
- presentate nel testo. E la diversità di queste impronte del tempo
sull'uomo impregna i versi e il linguaggio. Perros non ha mai datato
né le sue lettere né le sue esperienze, poiché datare vuol dire
fissare, e noi, essere umani, siamo, secondo una sua affermazione,
"drôlement discontinus". Une vie ordinaire giustifica questa dispersione.
Il tempo è discontinuo, vago e multiplo.
a)
digressioni e fughe
Nella
vita di Perros tutto sembra essere un avvenimento, o piuttosto non
c'è niente che non lo è. Avvenimenti, piccoli niente quotidiani,
che riempiono la vita dello scrittore. È forse più giusto parlare
di aneddoti, come suggerisce lo stesso Perros scrivendo: "Anecdotique
je le suis /Merci de me le faire entendre" o, come rivela il sottotitolo
del suo manoscritto, Poèsie anecdotique (sottotitolo che non è stato
mantenuto nella pubblicazione). Perros non cerca di raccontare la
sua vita mostrando ciò che essa ha di straordinario o unico: l'utilizzo
dell'articolo indeterminativo "une" rivela come questa vita sia
presa a caso fra tante, ed il suo interesse risiede forse proprio
nell'essere simile ad altre. Il racconto, sia tra una sequenza e
l'altra, sia all'interno delle stesse sequenze, è lungi dall'essere
lineare. Lo scrittore al contrario sembra sviluppare il discorso
seguendo i suoi pensieri, e principalmente attraverso associazioni
d'idee. Il lettore è spesso costretto a chiedersi quale sia il racconto
principale e quale il tempo in cui si situa. Gli aneddoti e le numerose
digressioni che articolano il testo possono apparire come delle
proliferazioni inutili; senza queste però non si percepirebbe quel
ritmo sincopato e tartassato della narrazione. Le digressioni, come
i momenti d'ironia, sono inserite intenzionalmente dall'autore per
rompere il flusso troppo fluido della parola e del ricordo, questa
interruzione avviene nel momento in cui il racconto inizia ad affascinare
e il lettore. Le digressioni, gli aneddoti e le fughe estrapolate
dal testo sono ricorrenti e costituiscono da soli un racconto parallelo.
Senza di essi, non solo il ritmo cambierebbe, ma anche il contenuto
poiché, anche quando sembrano essere fuori argomento, condividono
con il lettore quel qualcosa in più, di più futile ed intimo, di
Perros stesso. Le digressioni nella trama principale del racconto,
che tenta invano di seguire un ordine cronologico, permettono una
giustapposizione di tempi diversi, e offrono anche, in un certo
senso, la visione sinottica del personaggio, del narratore, dell'autore,
paragonabile ad un quadro cubista. Le molteplici sfaccettature dell'uomo
si rivelano nei diversi tempi e si trovano in diversi livelli del
testo. La cronologia del racconto è molto tormentata sia a causa
delle fughe temporali, sia della moltitudine di luoghi. Georges
Perros non precisa mai le date in Une vie ordinaire, piuttosto segue
il filo del pensiero che passa disinvoltamente da una parola all'altra,
per associazioni d'idee. In questa progressione abilmente manovrata,
i diversi luoghi hanno un ruolo importante. L'autore ama citare
le località da cui è passato, e che s'inseriscono nel suo orizzonte
come in quello del personaggio stesso. Più che le date, sono i luoghi
che forniscono dei riferimenti; per esempio , a proposito della
scuola frequentata, non viene data alcuna indicazione circa il periodo,
ma viene riferita la città, la strada, i dintorni: "L'école était
rue Libergier qui mène vers la cathédrale J'habitais rue des Capucins
(…) Mais pour en revenir à Reims car c'est de Reims qu'il fut question
pour mon certificat d'études". Per Perros, sono i luoghi che definiscono
persone ed epoche. Tutti i luoghi che costituiscono il suo percorso
hanno una tale importanza che, nel manoscritto di Une vie ordinaire
si trovano indicati in forma di lista: rue Claude-Pouillet fino
a Douarnenez, rue Anatole France. E non è certamente un caso se
le date in confronto ai luoghi non sono numerose, esse si fermano
al 1938 a Belfort. Il tempo, per lui, si definisce meglio attraverso
lo spazio, fissando i luoghi dove ha vissuto, più che le date. L'evocazione
di molteplici luoghi appare a volte come un gioco, guidato dal "piacere"
delle parole e che gusta soprattutto nell'uso dei nomi propri. Nel
poema sono presenti molti nomi di vie ma anche di città e paesi.
Nel momento in cui racconta un aneddoto "à Mandeure près Pont-de-Roide
sur le Doubs", sembra trovare gusto nell'accumulare dei nomi dalla
sonorità sorprendente e che non rivelano alcun significato specifico
al di fuori della musicalità. Talvolta è l'allineamento di più nomi
di persona che produce una funzione analoga. Quando si legge: "Denis
d'Inès Seigner / Yonnel Annie Ducaux", o ancora l'incastro "Pierre
Jean Jouve Klossowski", non si sa bene neppure dove si concluda
la lista dei nomi. In Poèmes bleus, questa funzione dei nomi propri
è particolarmente evidente: essi sono là, sono attribuiti esclusivamente
per il piacere della musica che sprigionano. "Keralleunoc / Stangkergoulas
(…) /Clohars Carnoët", per chi non è di origine bretone sono semplicemente
nomi dalla strana consonanza. Perros, dal canto suo, li chiama "mots
de granit et mots de laine", perché hanno forma, consistenza ed
evocano luoghi amati. La parola evoca immagini sia per il suo significato,
sia per la sua forma e il suo suono; la musica che ne deriva ricorda
il piacere del luogo. Lo scrittore ama e ammira i paesaggi e la
natura descritta nei suoi versi rimanda alla Bretagna, anche se
Perros afferma di non parlarne mai, quella Bretagna che, come egli
stesso afferma, più che un quadro disegnato o descritto, somiglia
di più ad un sogno. Nella scrittura di Perros, i luoghi si manifestano
e prendono consistenza insieme con l'autore, sembrano inscindibili:
" [ils] grandissent avec nous nous envahissent A tel point que si
l'on me demandait comment était fait l'intérieur de mon corps je
déplierais absurdement la carte de la Bretagne". L'importanza della
musicalità dei nomi ha una forza particolare in Bretagna. Perros
ricerca una sonorità dei nomi che permetta un'evocazione di luoghi
specifici e quindi capace di creare una suggestione legata a quei
determinati spazi.. Le persone sono legate ai luoghi: un amore in
gioventù "rue des Acacias", e "rue d'Assas", Sartre e "Salacrou
rue Jean-Goujon". E lo spazio definisce anche il tempo: le "bonnes
goulées d'amitiés/ (…) Vauhallan, Ham, Cergy, Bourg-la-Reine", o
un "souvenir celui/ d'un jour où il franchit la porte/ du Collège
où Wahl officie/ Vous savez bien face à l'église/ Saint -Germain-des-Près".
Leggendo Une Vie ordinare si apre un cammino tortuoso nel tempo
e nello spazio. Questo percorso fra i luoghi, le persone e le date
specifiche si iscrive nel più ampio tempo di un uomo, nella sua
esistenza.
b)
Tra passato, presente e futuro
Il
presente appare come un tempo particolarmente importante poiché
è il legame fra il tempo passato e quello futuro, fra l'espressione
del ricordo e quello del discorso, della riflessione presente del
narratore e dell'autore, legame che si esprime chiaramente nelle
espressioni ricorrenti del tipo "je regrette". Il presente assume
aspetti diversi e si nota particolarmente sotto la forma della proposizione
di verità generali. Perros ne fa grande uso, sia nelle massime,
sia nelle conclusioni più o meno filosofiche o moraleggianti che
trae dalla sua esperienza. Spesso distinti tipograficamente, questi
versi, che spesso sono usati per chiudere una riflessione, sono
presentati come la morale da trarre da una esperienza. Quando, per
esempio, Perros osserva che dare la vita è come dare la morte, fa
questa considerazione con un tono divertito, come se stesse canticchiando
una canzonetta per bambini, utilizzando un vocabolario falsato:
"La vie et la mort vont ensemble bras dessus et puis bras dessous
Vierge et puceaux gardez-vous quand le sexe un peu vous démange".
Perros sembra dare una valutazione del presente, che per definizione
non è un tempo preciso, "Je ne suis qu'un passant qui tête / les
racines d'un aujourd'hui / sans hier et sans lendemain". Se il presente
è difficile da cogliere, comunque è importante nella misura in cui
si vive l'esperienza del quotidiano. La parola dello scrittore,
il suo linguaggio sono condizionati, abitati dal quotidiano, poiché
prima d'essere un modo di parlare sono un modo d'essere. Restare
il più vicino possibile ad una esistenza quotidiana, secondo parole
che dicono: "à l'écoute du murmure indicibile mais sublime que filtre
la banalité", è quello che interessa a Perros, secondo Alain Cerval,
e come afferma lo stesso Perros, divertendosi: "ce n'est pas tous
les jours qu'on peut parler de tous les jours". Il presente è quel
tempo quotidiano che spesso non suggerisce immagini liete, come
invece fanno i ricordi. È per questo che la scrittura deve essere
ricercata e sofferta, spiega Perros in Papiers collés II, osservando
come sia difficile parlare di fatti quotidiani senza cadere nella
relazione quasi giornalistica degli avvenimenti: "S'il suffisait
d'évoquer les choses quotidiennes, de le vouloir pour les rendre
intéressantes, ce serait trop facile, comme on a l'air de le croire.
Non. Faut accorder ses violons. Il y a, hors notre vision ordinaire,
soufferte, endurée, comme une possibilité de chant, de langage mélodique
[…], possibilité qui prendrait ses racines dans […] une sensibilité
soudain isolée, branchée, " sensible " au monde alentour, qui se
timbre". Questa concezione della scrittura del quotidiano si ricollega
con la presa di coscienza del mondo, in quanto si situa nel dominio
del sensibile. Si tratta quindi di mettersi in ascolto del mondo,
degli altri, della vita, come si legge nelle sue opere. I tempi
al passato sono forse i più numerosi, cosa del tutto normale se
si considera che si tratta del racconto di una vita, infatti essi
inducono all'evocazione dei ricordi. La memoria appare qualcosa
di molto importante nell'opera di Perros, e sembra essere il dinamismo
conduttore del racconto. Negli elementi del passato c'è comunque
una differenza fra ciò che viene rivelato, legato al sapere, e ciò
che proviene dall'esterno, legato alla memoria, al vissuto. Sia
i fattori esterni che i luoghi, "je suis né ça me va très bien /
dans une rue sans envergure", si ricollegano al mondo dell'infanzia,
senza dubbio perché a quell'età non si ha il potere di decidere
delle proprie scelte. Perros sembra raccogliere i ricordi per dare
forma e consistenza al suo personaggio. Sono gli anni della scuola,
gli incontri, i lavori che si sommano in: la "belle" della "rue
des Acacias" o la "belle Roumaine", i ritratti degli amici, le operette
"tous les dimanches". Quest'epoca gli appare assai lontana, tanto
da evidenziarlo due volte: "C'est très loin tout ça /Maintenant
je sais mieux garder /secret de mes amours mentaux" e dopo aver
parlato di Bruder "nous nous aimons bien il me semble / Mais que
les Opéras sont loin". Questo richiamo ai ricordi dà l'impressione
di accrescere le distanze tra il " je " del passato e quello d'oggi:
"Curieux je ne me sens capable / de parler que de mes amis / morts
ou pour lesquels je le suis". I ricordi, il passato mostrano il
personaggio in profondità, composto dagli strati del tempo che l'hanno
forgiato. E se la memoria fa difetto, "Mon corps a gardé souvenir
/ plus fébrile que la mémoire". Il ricordo può nascere in qualsiasi
momento e unirsi al presente. In un certo senso il ricordo non è
più datato, appartiene tanto al passato quanto al presente, questo
perché non avendo una data stabilita può confondersi con le immagini
del presente. La rievocazione del ricordo conduce Perros ad una
considerazione generale. A volte sembra che richiami il ricordo
alla memoria proprio per giungere ad una constatazione generale
e, a volte, moraleggiante. In Papiers collés II spiega: "Ce n'est
jamais l'anecdote, le "souvenir" qui me retiennent - j'ai la vie
la plus monotone du monde - mais ce qu'ils souhaitent me signaler,
soumis à certain régime". Il ricordo ha quindi un posto importante
nell'opera di Perros, e la memoria sembra esserne il motore. Motore
di un'opera che non segue il sentiero più breve, ma che si perde
tra i meandri di una cronologia soggettiva. La memoria lascia il
segno nel testo e traccia al lettore una figura a volte univoca,
a volte dalle molte sfaccettature. * * * La scrittura permette di
unire tutte le epoche, tutti i ricordi e altri fatti quotidiani,
con il fine di giungere a formare un "être de papier", degno riflesso
dell'essere in carne. Ora, l'immagine dell'uomo a cui rinvia il
linguaggio di Une vie ordinaire è quella di un essere disperso fra
diverse epoche, diversi linguaggi, molteplici vocaboli, infatti
Perros gioca con le parole, come gioca con il tempo. Compaiono nel
racconto poetico diverse figure che, riunite insieme, formano, in
ultima analisi, un'unità. Il gioco sulle parole, le persone e le
idee rimanda ad un'immagine frammentata dell'uomo che afferma la
sua unità attraverso l'uso di un linguaggio singolare. Le autobiografie
in versi sono rare ed in più Perros racconta una vita ordinaria.
Intitolare l'opera Une vie ordinaire e darle una forma in versi
ha qualcosa di sorprendente. La poesia, nell'immaginario comune,
rinvia al mondo del sublime, dello straordinario e non certo del
quotidiano, ma lungi da Perros l'idea di dare un senso più puro
alle parole, lui che usava dire "aller au mot le plus usé, le plus
clochard". Le parole di Perros non si allontanano dal quotidiano
che esprimono. Ha spesso ripetuto che, per lui, la poesia non è
tanto un modo di scrivere quanto una maniera d'essere, giacché egli
è convinto che ogni persona nasconde in sé una parte di poesia.
Diventa così l'inventore del "mot-valise" poetico. Più volte, in
Une vie ordinaire, Perros dice di voler incollare le parole : "Si
choisis de parler en langue courante ce n'est pas faute d'admirer
les grands qui surent la clouer au point de plus haute souffrance";
e ancora: "chacun d'entre nous n'a pouvoir que de parler son seul
langage A quoi bon vouloir être un autre Qui nous fascina par ses
mots Il en a souffert la richesse Assumons notre pauvreté". Nei
due passaggi il linguaggio è legato all'idea di sofferenza. Senza
dubbio perché scrivere per lui non vuol dire semplicemente unire
delle parole per fare delle belle frasi, ma soprattutto impegnare
per sempre la propria esistenza. Nella corrispondenza con Jean Grenier,
Perros confida all'amico il suo stretto rapporto, quasi ossessivo
con il linguaggio: "Je n'arriverai jamais à isoler mon langage.
Il me colle à la peau. On mourra ensemble". Si tratta, quindi, di
una vera necessità per lo scrittore di restare il più vicino possibile
alle sue parole, al fine di migliorare la realtà, anche se il linguaggio
è insufficiente per esprimerla. La sua poesia consiste nel fare
un uso vero di uno strumento falso, e forse la poesia è lo strumento
più adatto a mostrare la realtà. Essa, che appare più complicata
e più sofisticata della prosa, permette, grazie all'immaginario,
che ne è la struttura portante, di mostrare fedelmente la realtà.
Alla lingua, come prodotto sociale, si oppone così la parola poetica,
atto individuale e creatore, dominio della libertà e della fantasia.
Sebbene molte idee e riflessioni si ritrovino in tutti i suoi scritti
come anche nelle testimonianze orali, il linguaggio non sembra essere
lo stesso. Quello di Une vie ordinaire e di Poèmes bleus forse perché
legato al verso che condensa la parola, la rende più ellittica o,
al contrario, più carica di suggestione. Perros raccontava di sentire
le persone intorno a lui parlare in ottonari, mentre scriveva Une
vie ordinaire. Si dispiace persino di non poter esprimere tutto
in versi, comunque si tratta di una scelta interessante, anche dal
punto di vista del lavoro da fare sulla lingua. Perros non ha scritto
quest'opera per gioco, infatti dà un'immagine viva del verso, giocando
con l'omonimia dell'animale "Mon vers est lièvre il est tortue Furet
ici escargot là il court et dérape souvent car la vie est peau de
banane". Secondo Jean Roudaut si tratta di una estetica "fondée
sur cette notion de dérapage […] de l'instabilité et du glissement".
Il lavoro fatto sull'ottonario in particolare e sul verso in generale
è la ricerca di una poesia libera dalle regole. Libera dalle regole
della stessa metrica, rassicurando a volte il lettore sulla quantità
di sillabe nei versi dubbiosi: "prononcez-bien les pieds y sont",
e dalle regole di sintassi. Svincolato da qualsiasi costrizione,
Perros fa della sua scrittura il luogo del suo lavoro sulla verità,
o più esattamente sull'espressione del vissuto, servendosi del linguaggio
poetico. Ed allora ecco che la poesia, come la prosa, può esprimere
il "vissuto", forse proprio per la sua indipendenza dalle regole,
in un linguaggio più libero. Leggendo Poèmes bleus o Une vie ordinaire
non troviamo lo stesso Perros di Papiers collés o Notes d'enfance.
Ciò che appare diverso è la costruzione in sequenze del testo di
Une vie ordinaire, e l'uso di espressioni o modi di dire accettabili
grazie alla licenza poetica. Modi di dire di cui Perros, comunque,
cambia l'utilizzo, come "le ciel qui change souvent de chemise".
Egli stesso spiega la sua teoria sull'uso delle parole: "Il est
rare que nous prenions un mot pour un mot sans délire qui l'éloigne
alors de sa source et le rend humain malheureux qui n'attendait
rien de sa course sinon qu'on lui tend les lèvres sans ajouter métaphysique
à son parcours …". La ricerca della parola giusta è un fattore essenziale,
e l'ambigua posizione delle immagini o delle espressioni idiomatiche,
di cui fa largo uso, lo aiuta a cercare di rendere il loro significato
primordiale. Quando, in Poèmes bleus, parla di violette che "lèvent
le nez", si corregge immediatamente: "Quoiqu'en manquant, c'est
pour le nôtre / Qu'il faudrait dire qu'elles naissent". Con parola
"giusta" non intende tanto una parola che descriva, che fotografi
il reale, quanto quella suscitata dallo sguardo, dall'incontro,
quella parola che corrisponde il più possibile all'esperienza, alla
sensazione. Nella sequenza in cui racconta la sua vacanza a Courrières,
dichiara di amare la sensazione di sentirsi: "dans le blé bleu qui
pique aux jambes le blé n'est pas bleu je le sais mais un mot en
amène un autre et tout a la couleur du ciel quand notre œil est
en nouveauté". Si potrebbe riferire la stessa immagine alla poesia:
i poemi non sono blu, ma hanno assunto il colore del mare in questo
verso: "quête, qui reste tentative d'expulsion". Ridare alle espressioni
il loro significato primordiale è una delle preoccupazioni di Perros,
come diffidare delle immagini che comunemente ingannano. Egli pensa
che per la maggior parte delle persone la poesia sia soltanto qualcosa
di emotivo: "mou, d'un peu lirico-métaphysique, c'est l'obsession
de la métaphore. Mais la poésie n'admet pas de réplique […]. C'est
une espèce de netteté absolue équivalent à un site ou à une fleur".
Oltre queste immagini e queste espressioni idiomatiche, Perros impiega,
con una funzione opposta, un linguaggio apparentemente lontano dalla
poesia, un linguaggio crudo, legato all'uso quotidiano della lingua
parlata: "Je récupère mal le temps que j'ai passé à faire l'âne
en laissant ma pauvre maman s'occuper à torcher mon cul à me donner
le sein si tant il est vrai qu'elle fit ce geste de laiteuse et
pâle tendresse". Sembra divertirsi opponendo delle espressioni volgari
ad un tipo di verso che potrebbe appartenere allo stile di un grande
poeta come Mallarmé. Introduce nel suo linguaggio poetico un vocabolario
che non ha nulla di letterario. Perros crede che la poesia non sia
legata ad una terminologia nobile, ad immagini sublimi ed a grandi
soggetti, ma che sia un modalità per esprimere il proprio essere,
e che non richieda necessariamente difficili elaborazioni. "La poésie
, elle à l'air […] Elle n'est pas facilement naturalisable, et rien
ne lui va comme la pauvreté. Vouloir la vêtir somptueusement, l'ordonner
avec astuce, ne saurait l'ébaudir. […] Un vers de quatre sous peut
l'avoir dans la peau. Une minutieuse construction érigée en son
attente restée inhabitée. Elle se donne pour rien, mais ce rien
coûte cher". Perros gioca con le parole e le espressioni, poiché
cerca di unire un'esistenza semplice con una scrittura che sia anch'essa
semplice, per quanto non semplicistica. Il poeta ricompone, trasgredendo
le regole, un linguaggio fuori dai canoni di riferimento; ed i diversi
livelli di linguaggio sono una parte fondamentale di quello poetico.
Linguaggio senza dubbio fuori dal comune, che lo stesso autore si
diverte a commentare, unendo ad un testo poetico un discorso critico.
Il racconto è continuamente interrotto da aneddoti ed anche da commenti,
note a posteriori su avvenimenti passati o sulla pratica della scrittura,
come il punto interrogativo all'interno di un verso: "pour controverser
(?) le hasard". Queste interruzioni a volte sono create da un "je"
commentatore diverso da quello del testo. Questi commenti sono diversamente
stratificati: nello svolgimento della storia s'interseca l'intervento
del narratore con quello dell'autore. Quando nella prima sequenza
di Une vie ordinaire, si legge "bref" o "N'importe allons", possiamo
considerare queste indicazioni come un richiamo dell'autore al narratore.
Questo è ancor più evidente nel passaggio: "Mais sont là vains commentaires".
Gli interventi sono più frequenti quando vengono narrati avvenimenti
passati, più specificatamente quando si tratta di avvenimenti autobiografici;
evidentemente perché in questi momenti la voce del narratore e quella
dell'autore sono più suscettibili di sdoppiamento che nei passaggi
di riflessione, in quanto questi ultimi sono unicamente frutto del
pensiero dell'autore. La presenza di alcune parole messe in evidenza
tipograficamente come: "Hélas", "Que devient-on", "C'est ainsi",
appaiono come interventi personali dell'autore. I commenti che ricorrono
con più frequenza sono quelli, divertiti ed ironici, sull'uso stesso
delle parole e delle espressioni idiomatiche. Questo perché, come
si è detto prima, la sua scrittura obbedisce ad una esigenza di
verità e giustizia. Jean Roudaut afferma : "son texte n'évolue pas
de déduction en déduction […], mais par clauses juxtaposées. Il
se reprend et se nie, s'efface pour progresser, chercher plus de
justesse. On a le sentiment de le voir revenir sur ce qui a été
pour préciser une pensée qui s'est élaborée au fur et à mesure de
la parole". Si evidenzia, in questo modo, anche l'aspetto orale
della scrittura di Perros. Forse proprio per questa illusione dell'oralità,
ad un certo punto le osservazioni conducono ad abbandonare l'uso
della punteggiatura e le parole sono inserite nel racconto quando
non si presta nessuna attenzione al loro significato: "dans la ville
où suis retiré / retiré de quoi de personne". Questo genere di commenti
sembra in effetti l'espressione di una reazione sistematica, ma
le osservazioni possono avere un rapporto più personale con le parole.
Quando scrive: "la femme et les enfants que j'ai / que j'ai la drôle
d'expression / pour moi qui me sens si peu être", osserva come si
utilizzino erroneamente nella lingua francese alcune parole che
sono svuotate del loro significato primordiale. Jean Roudaut osserva
che nel momento in cui Perros scrive una parola provoca in sé una
risonanza, come se una parola "vera" cercasse di aprirsi il varco
in un sentiero tortuoso per farsi capire, sentire. Le interruzioni
nel testo possono essere causate dai commenti dell'autore sul suo
stesso modo di scrivere. Queste sono numerose e non si preoccupano
di interrompere un discorso anche se serio, "quand on est digne
d'ignorance /(pas joli bon ça ne fait rien)". Perros si diverte
doppiamente con il lettore, sembra evidenziare con lui l'errore
o la goffaggine dello stile mentre ha anticipato il lettore, fornendogli
egli stesso l'arma critica sull'errore. Ecco che viene fuori la
figura di Perros lettore. Non bisogna, comunque dimenticare che
la sua professione era quella di lettore. Legge il suo manoscritto
come se fosse d'altri: i commenti interrompono il testo, ma allo
stesso tempo fanno parte del testo in quanto testimoniano la sua
volontà di giustizia. A maggior ragione gli interventi del narratore-autore,
personaggio-uomo, offrono, per i diversi punti di vista, una visione
del testo dalle molte sfaccettature.
c)
Un tempo scandito da aneddoti
Il
verso di René Char scelto come epigrafe in Une vie ordinaire: "On
naît avec les hommes. On meurt inconsolé parmi les dieux", indica
la posizione dell'autore e il suo attaccamento alla vita terrestre,
come confermano le innumerevoli allusioni in Une vie ordinaire:
"Je suis pour le discours humain/ Je suis pour la moitié de pain"
; o ancora : "Je sais que mon royaume est bien de ce monde", dove
il discorso religioso è rimandato all'aldilà. L'asimmetria nel verso
di Char accentua questo aspetto, in quanto esiste una differenza
fra essere "con" ed essere "fra". Il primo termine suggerisce una
solidarietà e una similitudine fra gli uomini, mentre il secondo
termine suggerisce un'immagine di solitudine e di barriera. Sembrerebbe
inoltre esserci uno squilibrio fra i due tempi, poiché se la vita
ha una fine, la morte sembra scorrere in una eterna malinconia.
Ne consegue una specie di ingiustizia fra la vita umana troppo breve
e una eternità da trascorrere nel rimpianto del tempo passato: "De
vivre rien ne nous console Mais mourir nous fait de l'effet pour
un bout de temps je pense". Il tempo della vita è talmente di poca
durata che sembra annullato, come se tra la nascita e la morte non
ci fosse niente, quando invece c'è l'essenziale, quell'essenziale
che permette ai due verbi "nascere" e "morire" di avere una consistenza.
La vita, riassunta all'estremo in questi versi, si paragona alla
vita di un insetto effimero, un essere di un solo giorno. In tutta
la sua opera Perros altro non fa che continuare a chiedersi "comment
faire pour vivre sachant que l'on va mourir". Il tempo della vita
è quindi fondamentalmente breve, troppo breve, come suggeriscono
le prime sequenze di Une vie ordinaire. Perros inizia in modo classico
la sua autobiografia con il racconto della sua nascita, ma immediatamente
si nota che non si accontenta di dire "je suis né". L'episodio della
nascita si svolge in cinque sequenze ed ogni volta l'esperienza
del nascere è controbilanciata dall'idea della morte, o per lo meno
dal dubbio. Questo gioco del contrappeso è più toccante nel momento
in cui si ha l'impressione che lo scrittore abbia raggiunto una
certezza. Subito dopo aver affermato: "Je suis né dans une mansarde"
, ecco riaffiorare immediatamente un'incertezza : "On m'a bien dit
que j'étais né", passando per: "Où je suis né on me l'a dit", fino
a precisare: "Je suis né rue Claude Pouillet". La seconda strofa
si presenta come un epitaffio o piuttosto un'iscrizione commemorativa:
"Ici naquit Georges Machin qui pendant sa vie ne fut rien et qui
continue Il aura su tromper son monde en donnant quelques fugitives
promesses mais il manquait c'est certain de quoi faire qu'on le
conserve en boîte d'immortalité". Quest'abolizione della vita appena
iniziata si ritrova nell'uso dei futuri, molto rari, e che hanno,
per lo più, una valenza negativa: "Elle me disait sans cravate /on
ne te recevra pas là /si tu ne t'habilles pas bien / on te renverra
sans délai", ed anche negli ultimi due versi: "Les petits bébés
du néant / s'en pourlécheront les babouines", dove il nulla accompagnato
dal neologismo "babouines" rende superata qualsiasi profezia. Sembra
che alla vita sia interdetta qualsiasi proiezione in avanti. Vi
è appena una conoscenza del presente, come segnala lo stesso Perros
in un colloquio: "Je suis toujours ce que je vais devenir". L'assenza
di prospettiva e la visione del nulla sono l'espressione della vita
di un uomo. Il niente, "le rien", è un tema ricorrente nell'opera
di Perros, ed assume diversi aspetti. È contemporaneamente ciò che
egli cerca e ciò che lo costituisce, è uno degli aspetti della sua
percezione sensoriale di esistere. La raccolta si apre su una specie
di invito alla scoperta: "La préface est à l'intérieur". Affermazione
sconvolgente, visto che una prefazione dovrebbe trovarsi all'inizio
del testo per preparare il lettore e annunciargli ciò che seguirà.
Integrandola nel testo, Perros l'annulla e dà al testo stesso quella
funzione. Non utilizzando gli strumenti consueti per incorniciare
il suo discorso, gioca con le parole e richiama i lettori ad un
rapporto più immediato con le parole. Infatti, "intérieur" può essere
inteso in due modi: la coincidenza fra l'inizio di un'opera e l'inizio
di una vita fa confondere il preliminare e le origini fin dall'inizio
della storia. Questo può però anche significare che il messaggio
è da ritrovare all'interno dell'opera e che, di conseguenza, l'autore
non è tenuto a scrivere un'introduzione al suo testo. Niente preludi
e un inizio che balbetta, con la ripetizione della nascita, come
un difficile parto. La frammentazione del testo in sequenze rompe
la catena del tempo e ne impedisce il fluido svolgimento. Il tempo
di Perros non sembra voler rispettare uno svolgimento razionale,
cronologico, definito attraverso le date o le ore, ma si muove piuttosto
attraverso dei momenti singolari, delle sensazioni, delle tappe
personali. Così la sua intuizione della vita sembra appartenere
alla sfera del sensibile, e la prima sequenza: "rien ne m'ayant
ancore donné / l'enviable sensation /d'être tout à fait là sur la
terre", rende l'idea della percezione che egli ha della sua presenza
nel mondo. E quando scrive: "Je vois ce que je regarde Je sens /
ce que je sens (…) / Stupéfait de marcher d'en être / de ce monde
en faire partie", si nota come l'intuizione sensibile sia più importante
della visione intellettuale. Il testo, infatti, non è un'elaborazione
astratta dello spirito, ma una somma di esperienze sensibili. E
la sua ricerca di privazione è probabilmente legata alla volontà
di restare fedele alla realtà. La sua maniera di temere il mondo
è legata al risentimento. E forse per questo motivo che non ha custodito
immagini, ricordi ben precisi dei suoi genitori, ma per lo più gesti,
intonazioni e accenti: "Les gestes / de ma mère dans la cuisine
/ quand elle faisait à manger / c'est tout ce qui me restait d'elle";
o anche: "Que me reste-t-il de mon père / sinon certaines gestes
que j'ai / ou que je me surprends d'avoir / un timbre de voix un
accent". Quanto all'evocazione dei luoghi, è ugualmente una sensibile
apprensione che domina dietro le parole, anche quando nei Poèmes
bleus s'immagina nel piccolo bistrot: "Dans l'ombre des choses humbles
L'odeur de la réglisse, du pierrot gourmand De la semelle de caoutchouc
De l'essence De la vie". Questo luogo è abitato dagli odori quotidiani,
o che riconducono a ricordi d'infanzia e che manifestano la vita,
una presenza nel mondo. Il ritmo decrescente dei quattro versi fa
risaltare l'ultimo, frase chiave nell'opera di Perros. Il suo modo
di percepire gli avvenimenti è dominato da questa apprensione empirica,
ed è per questo motivo che a volte i riferimenti temporali sono
minimi in rapporto agli avvenimenti ai quali si ricollega. "… c'est
cirant mes souliers geste rarissime et jamais depuis ne l'ai recommencé
qu'à Rennes les premières bombes en France tombées échouèrent".
Perros dà l'impressione di divertirsi dello squilibrio fra l'importanza
di avvenimenti e le sue reazioni; come dopo, quando scrive sempre
del periodo di guerra: "Une bougie / rendait ma crainte moins terribile
/ de voir surgir une souris", e non un tedesco o una granata. Lascia
al lettore una sensazione di spensieratezza. Il tempo dell'infanzia,
in effetti, sembra legato all'innocenza, ad una sorta d'incoscienza
di essere al mondo. È la dolcezza dei ricordi, come "le dimanche
d'hiver vibrant en collectivité sportive", "dans les tribunes (…)
C'est l'odeur qui m'en est restée", le "vacances à Courriers" dove
amava sentirsi "dans le blé bleu qui pique aux jambes" o la "Paris
des bougnats". La leggerezza dell'infanzia appare come il mezzo
essenziale per conoscere e temere il mondo. Questa sembra, tuttavia,
finire col confrontarsi con l'asprezza della realtà, quando scrive
"l'amitié ce fut difficile". Nelle prime sequenze di Une vie ordinaire,
Perros afferma "Quoique me sentant peu au monde / je dis bonjour
ça va bonsoir / à mes semblables que je croise". Il dubbio sulla
sua inadeguata presenza nel mondo è attenuato dalla presenza dei
suoi simili, anche se vi sono innumerevoli espressioni che indicano
il personaggio-narratore-autore diverso dai simili. Egli è "l'homme
d'un courant d'air", o ancora "si peu de chose / en instance de
pourriture". Il più delle volte si tratta di un'immagine del niente,
dell'assenza, che si libera dalle espressioni che impiega. E l'affermazione
"je suis un homme" non sembra resistere al peso di tutte l'esperienze:
"je me dégoûte d'être un homme / Mais j'en suis de moins en moins
un", anche se per affermare la sua appartenenza al genere umano
arriva a domandarsi: "mais qu'est-ce qu'un homme". L'esperienza
del nulla, del niente, è onnipresente in quanto dà valore alla vita.
L'assenza o la non-presenza sono riprese più volte nel testo. In
particolare, l'affermazione sulla sua scarsa presenza sembra sorprendente
in un'opera destinata a delineare ed affermare un'individualità
ben presente. Questo aspetto vago della percezione del suo ruolo
nel mondo si ritrova nel timore del tempo sprovvisto di punti di
riferimento. Perros non contravviene alla regola di iniziare il
racconto della sua vita dalla nascita del personaggio, ma immediatamente
introduce un dubbio, "de si drôle de façon" , quello stesso di essere
nato, di vivere e di esistere. Se questa incertezza d'essere viene
superata, lo si deve al fatto che l'opera esiste, resta solo l'imprecisione
sul tempo poiché i riferimenti sono assenti, anche quando lo scrittore
indica l'età: "du haut de mes douze ou treize ans", "Nous avions
tous deux le même âge /seize ou dix-sept ans ne sais plus", o i
riferimenti ad un preciso periodo: la guerra, o il diploma. Resta
il fatto che i riferimenti cronologici sono comunicati per lo più
da espressioni temporali come "beaucoup plus tard", "maintenant",
"ce soir, …". Il tempo, per Perros, non sembra essere misurabile
o quantificabile, anche quando scrive: "Où je suis né on me l'a
dit mais je l'oublie souvent de même l'âge que j'ai et qu'on me
donne quand il me va comme ces gants qu'on dit aller aux mains ou
doigts esthétiquement adéquats". La similitudine dei guanti non
indica certo una grande precisione, bensì dà luogo ad un gioco di
parole e di suoni, soprattutto negli ultimi versi citati, in cui
le due parole "esthétiquement adéquats" risuonano grazie alla loro
musicalità e al loro senso complicato. Perros non ha nessuna volontà
di comunicare al lettore le date precise, ma piuttosto ha l'intento
di comporre una storia che valga più per il suo contenuto che per
la sua coerenza formale. L'unica data precisa che inserisce è quella
del suo matrimonio: "On s'est marié l'an dernier / en mil neuf cent
soixante-trois", avvenimento che non sembra comunque trasformare
oltremodo la sua esistenza: "la chose fut très réussie /(…) Puis
nous avons repris chemin / de l'humble quotidienneté". L'avvenimento
non comporta altra novità se non la descrizione della passeggiata
quotidiana del cane, in quanto l'episodio non conta più della banalità
dei giorni ordinari. Lo confessa egli stesso, dimentica e omette
il tempo: "… Je n'ai pas mémoire des dates ni des almanachs Je vis
dans un monde sans heures sans jours sans ans". In Papiers collés
III aggiunge : "toujours anachronique, ou déplacé, quant à sa journée,
que dis-je, quant à son millième de seconde précédent. (Ce temps
étrange qui s'amusera, soudain, à faire lever les cailles d'un passé
à peine perceptible […]. Pauvre chronologie ! ainsi allons-nous)".
Il tempo è percepito, trattato alla stessa maniera, cioè non ha
altri punti di riferimento, rispetto alle impressioni, che permettono
di bistrattarlo e di condurlo per sentieri tortuosi; un po' come
il linguaggio. Perros modella sia le parole che il tempo in funzione
della sua visione delle cose. Il suo tempo è fondamentalmente soggettivo
in quanto è legato alla sua storia personale. Il racconto di Perros,
non essendo lineare, comporta salti da un tempo all'altro senza
temere anacronismi. Si tratta di un racconto al passato, che conduce
il lettore fino all'oggi del narratore, frammentato o da riflessioni
a posteriori sul passato, o da riflessioni al presente corredate
da aneddoti passati. La narrazione non segue una cronologia razionale,
ma piuttosto una cronologia soggettiva, impressionista ed empirica.
Per esempio conosce i suoi genitori solamente dopo averne preso
coscienza : "Je devais mais, beaucoup plus tard / faire la connaissance
émue /des parents qui m'étaient échus". O ancora fra le sequenze
che riguardano la nascita: "Je suis un homme maintenant", come se
questa affermazione dovesse dare più credito all'altra affermazione:
"je suis né". Il tempo della raccolta segue la logica della memoria,
che fa zigzagare il tempo senza alcun desiderio di una traiettoria
dritta e rapida. Gli anacronismi permettono una visione globale
di tutte le sfaccettature del personaggio e sono l'espressione stessa
di quelle molteplici immagini che un individuo possiede. Perros
gioca con il tempo, lo spoglia della sua rigidità rendendolo più
flessibile. Lo scrittore preferisce organizzare, sarebbe meglio
affermare "non organizzare", il testo in funzione delle date.
d) Da attore a regista della sua storia
Ad
un certo punto della sua vita Perros sente la necessità di rivolgere
totalmente le sue attenzioni alla scrittura. La parola è per lui
molto importante: attore dapprima, e poi, giudicato il teatro un
luogo di menzogna e finzione, egli ha rivolto il suo interesse alla
scrittura, e a questo punto ha "découvert ses faibles cartes". Abbandona,
quindi il teatro, creando una rottura decisiva con il mondo della
"finzione". Provava noia, avrebbe detto in seguito, nel declamare
versi a lui estranei, lontani dalla sua memoria naturale; questa
distanza tra l'attore ed il testo drammaturgico gli risultava insopportabile.
Inizialmente aveva intrapreso l'avventura teatrale un po' per gioco,
realizzando, comunque, un sogno giovanile; aveva sempre avuto una
grande passione per la scena e per il mondo che si svolge dietro
le quinte: "Je suis un homme de coulisses J'aime me trouver entre
deux Quand j'ai voulu faire métier d'acteur c'est pour connaître
mieux". Ma l'interesse per l'esperienza teatrale non gli impedirà
di paragonare la vita teatrale ad una malattia: "c'est comme une
maladie qu'on ignore". Dopo qualche anno si sentiva infatti come
logorato, fuori posto, decisamente estraneo a quel mondo legato
alle apparenze, dove anche le relazioni umane finivano per essere
condizionate dalla gerarchia dei ruoli teatrali e dall'ipocrisia
della rappresentazione. Ha avuto inizio, a partire da questo momento,
una fase cruciale nella vita di Perros, segnata da un ripensamento
complessivo delle proprie motivazioni letterarie, dei propri bisogni
espressivi, alla ricerca di un linguaggio capace di soddisfare le
esigenze profonde della sua personalità. Le tracce della sua esperienza
con il mondo del teatro, tuttavia, si manifesteranno con evidenza
nel prosieguo della sua attività di scrittore. Proprio come un regista
di teatro, si dedicherà ad assegnare, distribuire e dirigere i ruoli
dei personaggi che popolano il suo universo. Figure a volte del
tutto diverse da sé, a volte doppioni, specchi o controfigure della
propria identità. In questo rinnovato contesto, Perros sceglie una
nuova modalità di scrittura, una tecnica di rappresentazione di
idee e sentimenti basata sulla realtà dell'io piuttosto che sul
fingere di essere altro da se stesso. In questo modo egli si toglie
la maschera, e si rivela al lettore secondo la propria essenza più
vera, attraverso il racconto dell'io. Nella scrittura autobiografica,
le diverse figure dell'opera: personaggio, narratore, autore, si
trovano riunite sotto lo stesso nome, ed è difficile separare i
diversi "je", che non si riferiscono sempre alla stessa entità.
Come le differenze temporali mettono in luce le diverse epoche,
così il "je" si declina in più modi. Il cambiamento di riferimento
corrisponde ai cambiamenti di tempo: il presente, per esempio, si
riferisce il più delle volte all'autore o al narratore, in quanto
è il tempo legato alla redazione del testo; il personaggio, invece,
appartiene al tempo passato, anche se a poco a poco riesce a raggiungere
il momento della stesura, ed allora diventa difficile dissociarli.
Sembra quasi che il personaggio abbia concluso il periodo di formazione
e si possa riunire e confondersi con la sua origine. Prima di giungere
a questa "coincidenza", si distinguono nel testo le varie figure.
Il personaggio appare, nelle sequenze della nascita, nei verbi al
passato: "j'étais né", "je suis né", ed anche "je me méfie", "j'attends",
posizionato in tal modo tra il presente ed il futuro, quindi con
una connotazione dubitativa. Il narratore, invece, è facilmente
confondibile con l'autore, ma è certamente il protagonista nelle
affermazioni: "Je suis pour le discours humain", come nel richiamo
all'ordine di "N'importe allons". Qualche pagina più avanti, vi
sono diversi "je" e l'autore sembra si sia divertito ad ingarbugliare
diverse forme temporali: "car je ne mérite aucun bien et n'en méritais
davantage à l'âge où se passa la chose que je relate en ce moment".
Il tempo passa dal personaggio, oggetto dell'aneddoto, al narratore-autore.
Questo modo d'intervenire direttamente da parte dell'autore, è una
forma molto usata da Perros, fino a farci accostare al momento stesso
della redazione. E in quest'istante, puntualmente appare la figura
dell'autore: "c'est tout / ce que ce soir j'ai à chanter", come
avviene anche in "on m'oubliera vite et ce que / j'écris par un
beau soir d'automne / près de mon chien qui mord ses puces" , il
verso conclusivo della raccolta. In questi momenti s'incontra l'uomo-autore
che appare completamente trasfigurato, diverso da quello delle prime
pagine di "rue Claude Pouillet", o della "rue d'Assas": dall'uomo
in "formazione", che deve maturare, si giunge all'uomo compiuto,
padrone di un linguaggio che lo rispecchia. Questa distorsione è
particolarmente visibile nella prima sequenza, che riunisce tutti
gli elementi. La prima strofa, infatti, presenta un personaggio
diffidente, che mette in dubbio la sua stessa esistenza nel mondo,
"j'attends confirmation"; la seconda strofa mette in evidenza un
uomo già abbastanza "formato": "Je suis pour le discours humain
/ […] Et si mon langage vous pèse / quoique si léger si fuyant ".
La scrittura permette, quindi, di riunire nell'opera un "je" multiplo.
L'unica certezza, malgrado il dubbio, sembra essere la costanza
del sentimento dell'essere "moi", mentre tutto cambia. La scrittura
autobiografica cerca di stabilire un'unità, a dispetto dell'azione
dissolvente del tempo, partendo dalla propria individualità. La
scrittura dà, quindi, la possibilità di esprimere un "je" che sia
allo stesso tempo uno e multiplo. Ora, abitualmente il "je" delle
poesie è un "je" senza riferimenti, nel quale ognuno può trovarsi,
e la soggettività universale del lirismo è diversa dal discorso
autobiografico. La poesia di Perros è autobiografica, in quanto
è per lui un modo d'esistere, "d'habiter poétiquement le monde".
Il "je" presente nella sua poesia è personale: il narratore non
cerca di annullarsi nel suo discorso; e si è dimostrato come sia
estremamente difficile separare il "je" del personaggio-narratore
dall'autore. Nel suo testo, Perros non s'inventa nulla; per lui
il fatto straordinario è riposto tutto nell'esistere: "Là, je suis
mon propre personnage. Je ne distribue pas le peu de pensée à des
personnages parce qu'il n'y en a pas assez. Donc, je garde tout
et je me le tape sans arrêt". La scrittura è il modo di costruire,
di dare forma a quella "vie ordinaire" e, a questo proposito, s'impone
un programma alquanto sorprendente, forse perché le parole sono
al di qua del vissuto: "Maculer te maculer vie avec ces mots que
j'ai appris gosse à l'école communale Tout rite a besoin d'ignorance".
O ancora in altre pagine esprime il rincrescimento di non essere
riuscito a completare del tutto il compito che si era prefisso:
"je sais bien que je mourrai sans avoir tout biffé de moi-même".
L'impiego del " je " a volte si può scorgere in modo meno manifesto,
cioè da parte di terzi che vi si riferiscono indirettamente. A volte,
infatti, Perros non scrive "je", ma parla a se stesso come se parlasse
ad un altro: "Rentre en toi-même Georges et cesse / de te plaindre
…", o ancora il "je" è presente alla terza persona singolare. Per
esempio, nella seconda sequenza, consacrata alla nascita, il personaggio
è presentato così: "De cet étonné d'être là / il avait sept mois
et demi […] il pesait moins de trois kilos". Di primo acchito ci
si domanda di chi parli, la spiegazione giunge dopo, tra parentesi:
"(Ah ce mois et demi me manque …)". Questo modo di presentarsi alla
terza persona singolare si ritrova, sempre nella sequenza legata
alla nascita, quando l'autore fa il suo ritratto al passato, sotto
forma di iscrizione commemorativa: "Ici naquit Georges Machin /
qui pendant sa vie ne fut rien": anche qui, come prima, si nega
la propria esistenza per affermarla. Il fatto, invece, di non scrivere
né il suo vero nome, Poulot, né il suo pseudonimo, Perros, sembra
spiegarsi con il voler annullare la "presenza reale". Il personaggio
può mostrarsi attraverso lo sguardo e la parola di altri, riportati
dal narratore. È il caso di: "Ah Georges écoute-moi" di Henri Pichette,
oppure della madre: "J'aurais tant aimé voir mon fils rester comme
encore tout petit […] Et moi j'en pleure ce n'est pas ce qu'on avait
ton père et moi espéré pour toi si mignon quand tu n'avais pas la
parole". Testimonianza ironica, poiché la madre rimpiange il tempo
in cui il figlio era come una bambola, quando lo poteva "manipolare".
La figura del personaggio è delineata da un punto di vista narrativo
esterno e presentata, questa volta, per mezzo del pronome alla seconda
persona plurale: "Et vous - c'est moi qu'on s'adresse - qu'en pensez-vous
Vous êtes là comme si vous étiez ailleurs Vous avez l'air oui je
m'excuse De vous foutre de tout …". L'immagine che dà di se stesso
è quella di un indifferente che si trova davanti ad una situazione
di divario tra ciò che pensa e ciò che è, vittima dell'incoerenza
tra il suo modo di essere e di pensare. Lo sguardo dell'altro, comunque,
lo lascia indifferente, come afferma a un certo punto: "tout ce
qui peut me rendre fort / aux gros yeux d'autrui me fatigue". o
meglio ancora nell'episodio dell' "homme dans l'escalier", in cui
presta la voce ad un uomo che lo giudica: "Il dira ce soir à sa
femme le type qui habite en haut […] il ne va pas très bien je crois
je l'ai rencontré ce matin il racontait je ne sais quoi tout seul
en croquant sa bouffarde ah c'est un intellectuel Je n'ai rien à
dire à cet homme". Riferire le parole di qualcun altro è un modo
per completare il ritratto del personaggio. Questi, di conseguenza,
non è definito solo dalla voce del narratore, ma anche dallo sguardo
di altri. La figura dell'altro può trovare spazio nel pronome impersonale
"on" che, non implicando una persona definita in particolare, può
caratterizzare ogni volta un individuo diverso. La raccolta di Une
vie ordinaire è ricca di indefiniti, ed allo stesso tempo sembra
vivere in uno spazio narrativo atemporale ed impersonale. Indeterminazione
che può sorprendere, giacché il testo cerca di rivelare e creare
contemporaneamente una individualità. Le forme pronominali della
seconda persona, singolare e plurale, sono prevalentemente utilizzate
nei diversi momenti dell'opera in cui Perros si rivolge esplicitamente
al lettore. Fin dalla prima sequenza, infatti, lo avvisa: "Et si
mon langage vous pèse / quoique si léger si fuyant / rien de plus
facile à votre aise / que de jeter ce livre au vent". Scaturisce
da ciò l'idea di un "lettore interlocutore", o forse sarebbe più
corretto dire che il lettore diventa destinatario di una lettera,
indirizzata potenzialmente a chiunque. Vi è quindi un rapporto quasi
fraterno, evidente soprattutto in Poèmes bleus, dove Perros propone
un cammino comune et "que ses faibles mots / profitent un peu du
miracle / de nos mémoires conjuguées". In Une vie ordinaire, si
accosta pure al lettore attraverso interventi del narratore: "cherchez-là",
o "beau pays que je vous conseille d'aller voir", o ancora : "merci
de me le faire entendre / mais si vous saviez". Perros spiega in
Papiers collés II come mai si ponga nei confronti del lettore quasi
fosse il suo interlocutore in una conversazione: "c'est plus à un
ami que je m'adresse, sachant qu'il n'existe pas, ne peut pas exister,
qu'à un lecteur amateur d'autobiographie". Ed è così che considera
il lettore anche in Une vie ordinaire: "c'est qu'à des amis inconnus
/ je les jette très loin de moi / ces mots…" oppure "tout ces mots
que je te destine / ami que par définition / je ne rencontrerai
jamais". In questo modo, la raccolta di poesie sembra indirizzata
al lettore come una lettera ad un amico, come se non fosse un'opera.
Altre volte, invece, il lettore sembra collocato nella posizione
dell'osservatore, che lo guarda attraverso lo specchio deformante
della scrittura: "toi qui me vois en ce moment / par le biais de
ce vers qui saigne", è l'espressione che meglio restituisce l'immagine
del rapporto che Perros desidera intrattenere con il lettore. Une
vie ordinaire e Poèmes bleus sono opere dal tono conviviale, in
quanto creano uno spazio privilegiato per il lettore. La convivialità
è cara a Perros: l'unica vera regola che esiste nella sua vita è
l'attenzione e l'amicizia verso gli altri.
2.3
Un verso "senza valigie"
Come
il tempo non si svolge con linearità, così anche il racconto ed
i versi non possiedono una fluidità, al contrario la costruzione
in sequenze per il racconto, e la scelta dell'ottonario per i versi,
danno un aspetto alquanto caotico a questa "vita ordinaria". La
scelta dell'ottonario non è poi così ingenua, infatti la brevità
del verso impone la rottura. Con l'ottonario, la sintassi non può
combaciare perfettamente con la forma dei versi. L'ottonario, essendo
breve, implica una necessaria concisione: non è difficile incontrare
dei versi senza il soggetto o senza una mezza negazione. A volte
si ha l'effetto contrario, un verso allungato da un tassello; come
l'espressione italiana Chi lo sa", che s'incontra sovente sia in
Une vie ordinaire, sia in Poèmes bleus, senza alcuna apparente motivazione.
Tassello alquanto visibile nella ripetizione, non necessaria, di
una parola: "sans oser le pire le pire", o "parce parce que Oui
je jure / que ma vie est allée par là", ripetizione che rimanda
all'idea della balbuzie, come se vi fosse un'esitazione durante
il discorso, oppure all'idea dell'insistenza; "le pire" sembra imprigionato,
invece le "parce que" martella ossessivamente per convincere il
lettore, sistema che va di pari passo con l'utilizzo del verbo "je
jure" e l'uso del maiuscolo per "Oui" nel mezzo di una frase e di
un verso. Il senso della ripetitività non dipende dalla lunghezza
del verso, infatti in Poèmes bleus vi è un'insistente ripetizione
che definisce in qualche modo un programma per l'autore: "Quand
dirai-je bien ce qui est / J'espère y parvenir un jour / Je vis
pour cela je vis pour". Il verso breve, poco adatto all'eloquenza
stilistica e alla coerenza formale tra sintassi e metrica, induce,
a volte, ad una lettura erronea, ad associare gruppi di parole che
non hanno nessun legame. Potremmo così leggere: "L'itinéraire qu'il
me faut c'est le sien Je suis, sans valise, sa trace au fil de mon
plaisir ". Leggendo "Je suis", posizionato al centro del verso,
seguito dal complemento "sans valise", si può inizialmente pensare
che si tratti del verbo essere. L'errore è svelato dalla virgola
che distingue le due espressioni; questa confusione connota la condizione
di privazione di Perros, la sua continua ricerca del "dépouillement".
Allo stesso modo, se non si fa attenzione alla punteggiatura nei
versi, in Poèmes bleus: "le pire, le cruel, / L'inacceptable. /
Le réel", il ritmo va regolarmente decrescendo, e suggerisce l'idea
di allineare l'ultimo verso citato sullo stesso piano progressivamente
negativo degli altri versi, quando invece la punteggiatura indica
chiaramente che "Le réel, / C'est l'imagination relayée, vérifiée".
Accade anche d'imbattersi su alcune costruzioni in cui la scarsa
punteggiatura rende il testo alquanto ambiguo. Le virgole sono sparite
anche se nel manoscritto originale erano presenti, come se, ricopiando
il testo di partenza, Perros avesse voluto semplificarlo, spogliarlo
di tutto il superfluo. L'assenza di riferimenti tipografici è anch'essa
alquanto frequente; per esempio, le virgolette che introducono il
discorso di un'altra persona sono omesse, come se lo scrittore volesse
mostrare l'inaffidabilità o l'inconsistenza dei discorsi riportati.
Questo genere di discorso diretto è presente anche nella sequenza
su Valéry e su Gérard Philipe, o ancora in quella sequenza che inizia
con "Ah mettez-nous donc du Mozart": "Passez-moi du caviar ma chère
comme il fait doux ici Mozart a si mal vécu de son art c'est dégoûtant
Vous avez lu Le dernier roman à paraître Il est comme ci comme ça".
Il discorso indiretto dell'altro è una denuncia della sua futilità,
frammento di una conversazione mondana estrapolato di proposito
e ricopiato senza cura nella pagina scritta. Parola senza senso,
ma allo stesso tempo necessaria per poter vivere con gli uomini.
La sensazione di continue rotture è determinata anche dalla costruzione
del testo in sequenze, ognuna delle quali può essere letta indipendentemente
dalle altre, senza che la comprensione del testo ne sia alterata.
Alcune di queste, comunque, iniziano con una congiunzione. Queste
congiunzioni, che in nessun caso legano una sequenza con quella
precedente, conferiscono una sensazione di vitalità al testo, come
se il discorso che l'autore è in procinto d'iniziare fosse già l'argomento
di una conversazione. Esiste, però, un'ipotesi più semplice, e cioè
che, essendo stato nell'edizione finale modificato l'ordine del
testo manoscritto, alcune sequenze legate tra esse dalle congiunzioni
siano state in seguito coerentemente separate. La costruzione definitiva
in sequenze è stata elaborata durante la pubblicazione; nella stesura
iniziale l'ordine cronologico era ancor più tortuoso. Il testo era
infatti stato scritto in due mesi, come se Perros dovesse liberarsi
ad ogni costo da qualcosa, per poter continuare a pensare, a scrivere
e a vivere. La scrittura quindi seguiva il corso dei ricordi senza
alcuna impostazione cronologica. Nella prima versione, comunque,
Perros aveva abbozzato un ordine sequenziale per tema: I Renseignements
II ou III Scènes IV Les hommes V Les femmes VI Passions Mot Tabac
Mer Del plan iniziale quasi nulla è rimasto nell'edizione che è
stata pubblicata, tranne qualche sequenza che ha conservato il titolo;
l'ordine delle sequenze è stato mutato seguendo l'associazione d'idee.
Ad esempio, a una sequenza che si conclude con la domanda: "Et l'âge
d'homme a-t-il un âge?", segue una sequenza che sembra dar continuità
al testo: "J'avance en âge mais vraiment / je recule en toute autre
chose". In questo modo, anche se il testo si presenta apparentemente
slegato, l'opera mantiene una certa unità. Lo conferma anche la
ripresa dello stesso tema in differenti passaggi, per esempio il
motivo della nascita ricorre in cinque sequenze diverse, ma anche
l'immagine de "l'homme dans l'escalier", si incontra spesso: "L'homme
qui rentre seul le soir chez lui mais chez lui n'a plus de sens
[…] C'est celui-là qui m'intéresse cet homme seul en clair-obscur
qui se retrouve entre deux êtres non pas entre deux portes mais
entre deux sensibilités […] entre deux eaux deux hommes femmes seul
dans le noir de l'escalier". Il tema è ripreso più avanti: "cet
l'homme-là dans l'escalier dont je vous parlais l'autre soir voilà
bien celui qui n'a rien que son squelette à transporter". La stessa
immagine si trova anche in Échancrures: "Ce que je veux dire, sans
cesse, est très simple. C'est qu'il y a, tous les jours, quelque
chose qui interrompt l'aventure sociale, sentimentale, intellectuelle,
qui laisse son homme en plan, stupéfait, quel qu'il soit, quoi qu'il
fasse. Il faut remettre ses bottes". Perros dimostra una presa di
coscienza dell'inutilità dell'esistenza, concezione visibile non
tanto nella negazione della presenza nel mondo, quanto nell'affermazione
del proprio carattere derisorio. Sorprendente il modo d'esprimerlo,
sia in Une vie ordinaire, che in Échancrures, dove il tono risulta
decisamente più ironico. Sembra quasi che Perros, sulla soglia della
morte, abbia trovato finalmente sollievo da quei momenti tragici
di assenza da se stesso, o dagli istanti d'ipersensibilità dovuti
alla fragile condizione umana.
Conclusione
Lo
studio intrapreso, nato per caso dalla lettura di una frase, mi
ha permesso di conoscere, e in seguito di approfondire, uno scrittore
interessante come Perros. La ricerca del materiale si è rivelata
alquanto complessa: essendo lo scrittore quasi del tutto sconosciuto
in Italia, i suoi testi non sono facilmente reperibili; sebbene
apprezzato nel proprio Paese, le sue opere non sono considerate
di largo consumo e quindi sono difficili da rintracciare. Devo comunque
aggiungere che l'uso della tecnologia moderna, e in particolare
l'impiego di risorse informative disponibili in Internet, mi è stato
di notevole aiuto nell'individuare testi di critica e nel confrontarmi
con altri studiosi di Perros. Ho iniziato questo lavoro come proseguimento
di uno studio svolto durante i corsi universitari di francese. Le
lezioni avevano l'intento di familiarizzare, far approfondire e
divulgare la conoscenza di una scrittura atipica. Trovando interessante
e, per certi versi, illuminante questo genere di scrittura, forte,
incisiva e alquanto oscura, ho cercato di continuare questo percorso
approfondendolo come esperienza personale, attraverso un cammino
individuale che mettesse a frutto le conoscenze acquisite. Si può
affermare con certezza che lo stile di Perros appartiene al quel
genere di scrittura, infatti, la lettura e la comprensioni dei testi
hanno richiesto un notevole lavoro di traduzione ed interpretazione,
in quanto la scrittura non si presta ad una semplice lettura dilettevole.
Dallo studio elaborato è emersa l'immagine di uno scrittore, attore,
lettore, professore, ritrattista che ha dedicato la sua vita alla
ricerca della parola "giusta", liberata da qualsiasi imposizione,
una parola riportata al suo significato originale. Sebbene vivesse
isolato, lontano dalla superficialità della società, ha comunque
mantenuto uno stretto legame con il mondo attraverso la scrittura.
Aveva stabilito come luogo d'incontro con "l'altro" la lettura di
testi di altri scrittori, soddisfacendo in questo modo il suo desiderio
di ricerca della "presenza", ma mantenendosi fisicamente lontano.
Perché per Perros la lettura è un mezzo per relazionare con il mondo
esterno. Per lui l'essenza dell'uomo s'incarna nella scrittura,
ed egli cerca nel testo quella zona di silenzio e di segreto, presente
in tutti gli uomini e di conseguenza nei loro testi. Perros, quindi,
fa della sua opera letteraria un laboratorio sull'identità ed il
mezzo per la definizione di sé come essere finito e contingente.
"Ne pas dire plus qu'on ne voit plus qu'on ne sait plus qu'on ne
sent c'est un métier très difficile car la fable est au bout du
compte Deux hommes face à même chose La décrivent tout autrement
Et combien d'hommes dans un homme ?". Il programma della sua vita
fu quello di mostrare la realtà d'una visione del mondo fondamentalmente
personale e soggettiva attraverso la scrittura. Il suo linguaggio
è segnato dalla continua ricerca della parola, dell'espressione
più efficace. Si rende comunque conto della parziale riuscita, infatti
afferma che la sua parola è "mutile" e i suoi versi "très contestable".
La lettura completa della sua opera poetica Une Vie ordinaire lascia
il sapore di una serata in compagnia di un personaggio-poeta emozionante
e forte, serio e divertente. Analizzando le sue opere, nasce spontaneo
concludere che le raccolte di poesie hanno una loro precisa indipendenza
dalle opere narrative di Perros. Tutto ciò che egli ha scritto:
"note", lettere e poesie, dimostrano un'ispirazione comune, ma le
due raccolte di poesie si distinguono dal resto per la loro forma,
come se la poesia costituisse il risultato ultimo della sua ricerca.
La poesia, infatti impone una costruzione formale, mentre i Papiers
collés sono una raccolta di note, strutturate come un collage, ed
anche Les correspondances sono per loro stessa essenza discontinue.
Attraverso il suo linguaggio privilegiato, la poesia, sebbene della
sua produzione quella poetica sia la meno ponderosa, Perros dà l'impressione
di rivelare maggiormente la sua visione del mondo. Dietro la frammentazione
apparente dell'opera e dell'uomo, c'è nell'articolazione di ciò
che scrive un'appassionata volontà di giustizia. Ed alla vita ordinaria,
quotidiana e concreta risponde con una più astratta. "Pas à pas
ramendons filet De notre vie imaginaire". L'analisi da me svolta
sui testi di Perros non può certo considerarsi esaustiva: sono molteplici
gli aspetti di questo scrittore ed innumerevoli e complesse le tematiche
affrontate. Esse attraversano tutta l'esistenza dell'uomo e dunque
passano dalle banalità della vita quotidiana come potrebbe essere
lo sport, alle riflessioni sul rapporto con l'altro o con la propria
fede. Sarebbe quindi interessante continuare la ricerca, approfondendo
in particolare le Correspondances, altro aspetto della mutevole
scrittura di Perros, che dando corpo ad un'opera, in un certo modo,
può considerarsi la trascrizione di un innato e mai risolto esprit
de fuite.
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